IL BRAINSTORMING

INDICE

1. Introduzione

2. Basi del Brainsorming

3. La prima fase del brainstorming: generazione delle idee

4. La seconda fase del brainstorming: analisi delle idee raccolte





1. Introduzione

Il Direttore Generale convoca una riunione con tutti i responsabili coinvolti. Il Responsabile dell’Assicurazione Qualità, che per deformazione professionale è il più pignolo di tutti, apre la riunione esponendo oggettivamente i fatti e i vari dati raccolti. Il Direttore chiede al Responsabile di Produzione se ha già trovato una soluzione al problema. “Certo Direttore. Semplicemente occorre una nuova macchina per quel tipo di operazione. Ormai, siamo costretti ad una regolazione continua dei parametri per compensare le derive”. Il Direttore, sapendo il costo di quella macchina, comincia a diventare rosso in viso, ma, ostentando calma si rivolge al Responsabile dell’Ufficio Tecnico:” Tu cosa ne pensi?” . Risposta: “Io dico che i responsabili di linea sono degli animali e a forza di toccare i parametri delle macchine stanno distruggendo tutta l’officina!”. Il clima comincia a scaldarsi…il Resp. di Produzione risponde: “animale sarai tu e anche...lecchino. Sai bene che la macchina è vecchissima. La verità è che non hai mai avuto il coraggio di dire al Direttore che occorre cambiarla!” . “Un attimo, un attimo” - interviene il Resp. Ass. Qualità — “abbiamo verificato che i pezzi di seconda scelta sono concentrati tutti in alcune casse” - Questa è la prova che ci sono operatori che non controllano i pezzi al calibro con la frequenza da noi stabilita. Bisogna educare gli operatori al controllo”. E su questa falsariga il seguito, con il volume dei partecipanti sempre più alto.

Quanto appena raccontato è realmente accaduto in una delle mie prime riunioni, quando ero da poco entrato nel mondo del lavoro.

In seguito, negli anni successivi, solo raramente mi è capitato di vedere riunioni particolarmente oggettive. Spesso capita, se c’è da individuare delle soluzioni, che ognuno pensa di avere in tasca l’idea giusta. Quelle degli altri vanno criticate per il solo fatto che non sono le nostre. Insomma, alla fine, queste riunioni si riducono a dei “Forum” in cui si finisce per attaccarsi su tutto, anche su argomenti non attinenti alla riunione stessa. Un motivo può essere l’insufficienza di dati raccolti, come nel caso della riunione di cui ho raccontato. Infatti all’epoca, per tagliare la testa al toro, decisi col mio capo dell’Ass. Qualità che mi sarei seduto accanto alla macchina in questione e avrei raccolto tutti i dati personalmente. Così feci. Tre turni senza allontanarmi dalla macchina. Il risultato fu che la macchina andava discretamente. Era un problema di mancato controllo da parte dell’operatore e del resp. di linea. Fu il colpo finale per l’allora Responsabile di Produzione che, da lì a poco, si dimise. Un secondo motivo che genera riunioni infruttuose risiede nella natura stessa dell’uomo. Certo, ci sono quelli che mancano di autostima, in genere però, chi è arrivato ad essere responsabile di qualcosa, ne ha troppa. Se a questo si accompagna un’ incapacità nel comunicare ed in particolare nel saper ascoltare il pensiero degli altri, si finisce col “muro contro muro”. Personalmente farei come un mio ex titolare: corso di comunicazione per tutti. Ma se ciò non dovesse bastare allora si possono imporre delle regole durante le riunioni. Una di queste può essere quella di esporre le proprie idee senza poter criticare quelle degli altri. Solo in una seconda fase, quando nessuno ha più nulla da aggiungere, si passa alla fase di “critica”. Questo metodo è chiamato Brainstorming.





2. Basi del Brainsorming

Osborn, il padre del brainstorming, tratta questa sua tecnica in un ambito molto più ampio che è quello del “pensiero creativo”. In particolare, nel brainstorming si privilegiano due fattori che secondo Osborn agevolano la creatività:

  - contesto favorevole;

  - associazione di idee.

In quest’ottica, possiamo paragonare lo sviluppo delle idee alla diffusione di una pianta in un determinato territorio. Supponiamo che il seme di una specie X sia trasportato dal vento in un certo luogo. Se le condizioni del terreno e del clima sono favorevoli il seme può trasformarsi in una piantina che a sua volta genererà altri semi. Da questi ultimi possono nascere altre piantine e così via fino a diffondersi in tutto il territorio. Su come nasce un’idea nel nostro cervello sono stati scritti interi libri e, a tal proposito, in seguito, mi riservo di parlare in questo sito anche del cosiddetto “pensiero laterale”. Per ora limitiamoci a dire che un’idea non nasce dal nulla ma è “associata” sempre a qualche fattore scatenante. Il brainstorming è una tecnica che agevola la “riproduzione” di idee partendo da una o più idee di base. Affinché ciò possa avvenire vengono fissati del paletti (contesto) che creano le condizioni favorevoli:

 

   1) LA CRITICA NON E’ AMMESSA. La critica, le analisi e le discussioni sulle idee generate vengono rinviate in un secondo momento;

 

   2) LA CORSA E’ LIBERA. Ognuno è libero di proporre le idee più bizzarre. Anzi, più le idee sono “non convenzionali” più il sistema è efficace. Questo modo di agire ha un duplice effetto:

   a) Crea il tipico clima disteso che si riscontra nei “giochi di gruppo”. Ciò, oltre a favorire la coesione del gruppo stesso libera i suoi componenti da eventuali inibizioni;

  b)Invita alla creatività. Tra tante idee balorde può nascondersi un’idea genialea o, a sua volta generarne una (tipico esempio di pensiero laterale);

 

  3) PUNTARE ALLA QUANTITA’. Se al gruppo viene detto che l’importante è produrre una grande quantità di idee anche a discapito della qualità, ogni suo componente si sentirà più libero di esprimersi, senza preoccuparsi di dire banalità. Oltre a far cadere inibizioni, questo punto è importante anche per un fattore statistico: maggiori sono le idee, maggiori sono le probabilità di trovare tra esse quella giusta.

 

  4) RICERCARE COMBINAZIONI E MIGLIORAMENTI. Ogni componente del gruppo non deve solo pensare a generare una sua idea, ma deve anche ascoltare le idee degli altri e verificare se

   a) è possibile generare un’idea dalla combinazione di queste;

   b)verificare se queste idee possono essere migliorate.

 

Questa prima fase di Brainstorming viene detta FASE DIVERGENTE, in quanto si cerca di allargare il più possibile il campo delle idee. A questa, segue una seconda fase, detta FASE CONVERGENTE. E’ il momento di raccogliere le idee generate e procedere ad uno sfoltimento eliminando quelle meno realizzabili e meno realistiche. Si procede per gradi, fino a giungere a selezionare le poche idee veramente interessanti. A questa seconda fase può partecipare lo stesso gruppo della fase precedente, un gruppo più ristretto o, addirittura, un gruppo diverso. Importante è che il brainstorming sia gestito da un “team leader” che conosca bene le regole del gioco, che sappia fare da moderatore ed eventualmente sappia anche stimolare i partecipanti meno attivi. Il leader è anche colui che prende nota delle idee, scrivendole, ad esempio, su di una lavagna. Nel prossimo paragrafo approfondiremo le procedure di un brainstorming classico.




3. La prima fase del brainstorming: generazione delle idee

Osborn precisa che “il brainstorming non è un rituale”. Ognuno deve adeguarlo alle esigenze della propria azienda o all’obbiettivo che si propone di raggiungere. L’importante è che alla fine si ottenga una vera e propria “tempesta d’idee”.

 

NUMERO DEI PARTECIPANTI. Il Brainstorming si può fare anche da soli, almeno così dice Osborn. Pensateci bene, in realtà non è tanto una follia. Quando parleremo del pensiero laterale, vedremo come sia possibile stimolare in se stessi idee nuove, capaci di andare controcorrente ed essere davvero geniali. Non considerando questo caso estremo dell’ ”eremita”, diciamo che il numero giusto dei partecipanti può essere compreso tra 5 e 12 persone. E’ un range molto ampio ma, come ho già detto, dipende da caso a caso.

 

CHI DEVE PARTECIPARE. Anche su questo punto la bibliografia è discordante. Le categorie delle persone che possono partecipare le possiamo dividere sostanzialmente in due:

 

   1)chi conosce approfonditamente il problema (gli “addetti ai lavori”);

   2)chi conosce poco o nulla del problema da esaminare.

 

Chi conosce bene un problema e lo vive giorno per giorno, sa di cosa si parla e può avere gli strumenti giusti per proporre soluzioni concrete. C’è però un fattore molto importante di cui tener conto: la mancanza di fantasia. Il nostro cervello è una macchina che definisce i suoi algoritmi (sequenza di istruzioni da seguire) man mano che accumuliamo esperienza. Se ci troviamo in una situazione già vissuta in cui bisogna prendere una decisione, questa operazione di scelta è molto più facile rispetto alla prima volta, perché “abbiamo imparato”. Ad esempio, se prendiamo una pentola sul fuoco e ci scottiamo, le volte successive useremo un “algoritmo” che prevede tra le sue istruzioni di prendere le presine. Questo processo di apprendimento scava dei veri e propri “solchi” nel nostro cervello. Quando viviamo una situazione che somiglia ad una già vissuta, piuttosto che perdere tempo a riflettere sul da farsi, ci viene spontaneo ripercorrere uno di questi “solchi” che hanno già funzionato bene. Le cose possono non funzionare se ci troviamo di fronte ad un nuovo problema che richiede soluzioni nuove. Il cervello, nonostante i nostri sforzi, finisce sempre nell’incanalarsi in uno di questi solchi e a proporre vecchie soluzioni con piccole varianti. Ecco la necessità di persone che non abbiano mai dovuto affrontare un problema del tipo in analisi. Hanno il cervello libero da soluzioni preconfezionate in quel campo. Possono apportare idee che anche se apparentemente balorde, possono a loro volta scatenare in chi ha le conoscenze “giuste” idee geniali.

 

Esempio: Tre montanari invitano nel loro villaggio di montagna un loro amico pescatore. A cena si discute sul come attraversare un lago ghiacciato con i cani nella maniera più veloce possibile. C’è chi propone di mettere ai piedi dei cani delle scarpette chiodate e chi invece propone di attaccare i cani su due linee a “V”. Il pescatore ascolta pazientemente ma stanco di questa chiacchierata poco interessante, facendosi coraggio con un bicchiere di grappa, dice: “e se non usate i cani?” Tutti si fermano e lo guardano con aria interrogativa. Il pescatore a quel punto aggiunge: “togliete i cani e montate una vela!”.

 

Credo che qualcuno sia riuscito a costruire qualche specie di barca a vela che cammina sul ghiaccio. Ciò che però è importante nella storiella è la morale: i montanari continuavano a fare ipotesi che ruotavano sempre intorno all’uso dei cani. Il pescatore ha invece proposto una soluzione completamente diversa, direi “geniale” . Il motivo è che lui aveva in testa “solchi” alternativi non presenti nei montanari.

Il succo del discorso è che in queste riunioni si deve cercare di inserire, insieme agli “addetti ai lavori” anche qualcuno con poche conoscenze a riguardo. Sono proprio questi che a volte danno l’input di soluzioni davvero efficaci.

 

CLIMA. Il clima deve essere il più possibilmente rilassato e confortevole. Vediamo alcuni fattori esterni che favoriscono un clima positivo:

  1) cellulari spenti e telefono staccato;

  2) nessuno deve interrompere dall’esterno il brainstorming (esempio tipico è la segretaria che bussa e senza attendere risposta entra e dice” ingegnere c’è tal dei tali che la sta aspettando all’ingresso” - “spegnete” dunque anche le segretarie) ;

  3) penne, fogli, lavagna, pennarelli, ecc. devono già essere tutti nella stanza prima dell’inizio della riunione. Per evitare problemi di questo tipo il leader deve chiedere a tutti se hanno con loro il materiale necessario per eventualmente prendere appunti;

  4) livello di rumore basso;

  5) temperatura giusta. Anche in questo caso, prima d’iniziare la riunione, il leader chiede se deve accendere il riscaldamento o il condizionatore;

  6) illuminazione giusta;

  7) poltroncine confortevoli;

  8) se c’è una lavagna, verificare che tutti possono vederla senza dover allungare il collo o sdraiarsi sul tavolo.

 

Una soluzione interessante, che applicavamo in un’azienda in cui ho lavorato, è quella di fissare il brainstorming oltre l’orario di lavoro, cioè quando l’azienda è immersa in modo naturale nel silenzio e nella tranquillità. Unica controindicazione: l’eventuale stanchezza dei partecipanti.

 

STRUMENTI NECESSARI. Se il brainstorming è generazione d’idee bisogna che queste vengano memorizzate. Non solo, poiché le idee espresse devono poter essere rielaborate o combinate tra loro, per tutto il tempo del brainstorming devono restare visibili a tutti. E’ dunque indispensabile una lavagna sufficientemente grande e pennarelli. Gli amanti della tecnologia possono anche far ricorso ad un PC collegato ad un proiettore. In tal caso la funzione di lavagna può essere svolta da software specifici come Visio, SmartDrive o MindManager. Questi, come tanti altri software che si trovano in commercio, mettono a disposizione caselle di testo, connettori e tutti quegli strumenti grafici che rendono il brainstorming facilmente leggibile ed “esteticamente” interessante. Il vantaggio nell’uso di software inoltre, è la possibilità di “salvare” i dati raccolti senza doverli trascrivere dalla lavagna.

Oltre alla lavagna ed ai pennarelli è necessario un tavolo nel caso si decida che è possibile prendere appunti. Alcuni dicono che questa possibilità non dovrebbe essere ammessa perché distrae e fa perdere tempo. Personalmente non ho nulla in contrario.

 

DURATA. Sulla durata non mi voglio soffermare molto perché non si possono dare regole precise. Possiamo solo dire di non esagerare: 30 min è un buon compromesso. L’importante è non “rubare” troppo tempo ai partecipanti. Questo è un accorgimento da prendere soprattutto le prime volte che in azienda si effettua questo tipo d’incontro. Il brainstorming verrà considerato una perdita di tempo, soprattutto dai dipendenti più anziani. D’altra parte, nel caso si stia svolgendo un brainstorming molto interessante e ricco d’idee sarebbe deleterio interromperlo nel suo momento migliore solo perché è “scaduto il tempo”.

 

IL LEADER. Nel precedente paragrafo abbiamo già fatto cenno alla necessità che il brainstorming sia condotto da in leader. Precisiamo ora meglio le sue funzioni.

 

  1)verifica che tutte le condizioni ambientali siano favorevoli (invita a spegnere i cellulari, chiede su tutti hanno carta e penna, ecc);

 

  2)Riassume brevemente come si svolge il brainstorming e ricorda le regole che devono essere rispettate in questa prima fase;

 

  3)Descrive brevemente i termini del problema sotto esame e decide, da solo o in collaborazione con i partecipanti, quale deve essere la “parola chiave” che lo riassume e che verrà scritta sulla lavagna;

 

  4)Avvia una fase di riscaldamento di 5 minuti in cui si può discutere di tutto; questa fase è paragonabile a quella di stretching degli sportivi. Tipici argomenti di questa fase sono:

    a) Cosa fareste se vi trovaste nella condizione di…;

    b)Che uso alternativo potreste fare di…

Gli oggetti di queste situazioni possono anche essere stravaganti. Ad esempio: “Che cosa fareste se scomparissero tutte le penne e le matite sulla terra”.

 

Passati i cinque minuti il leader ricorda l’argomento del brainstorming ed inizia la riunione vera e propria. I modi di procedere possono essere i più disparati. Su un vecchio manuale proponeva che i partecipanti intervenissero uno alla volta e, terminato il loro intervento, dicessero la parola “passo” (sistema round robin). Io propendo più per una forma libera, cioè un brainstorming dove ognuno interviene quando e come gli pare (sistema popcorn). Il motivo della mia scelta è sempre lo stesso. Il clima deve essere chiassoso e allegro, come se si partecipasse ad un gioco di gruppo. Se poi si esagera deve essere il conduttore a riportare la discussione entro gli argini giusti. Se si fa intervenire i partecipanti a turno, è come se ognuno di essi, durante l’intervento, avesse dei riflettori puntati addosso. Questo, secondo il mio parere è qualcosa assolutamente da evitare.

Durante il brainstorming il leader scrive sulla lavagna le idee che man mano vengono proposte. Non vanno mai scritti i nomi di chi le propone. L’obbiettivo è averne il più possibile e non importa di chi sono. Il leader può anche creare dei diagrammi nel momento in cui vengono combinate delle idee o si fanno modifiche a quelle precedenti.

Un aiuto che può essere dato ai partecipanti è ricordare le 8M che si usano nei diagrammi di causa-effetto. Si possono anche raggruppare le idee secondo queste tipologie. Buona cosa è quella di preparare, prima del brainstorming, delle fotocopie con l’elenco delle 8M e distribuirle ai partecipanti.

 




4. La seconda fase del brainstorming: analisi delle idee raccolte

La bibliografia a riguardo è davvero misera. Uno dei motivi è che il vero obbiettivo di questo metodo di lavoro è la generazione di idee. La loro analisi è d’importanza secondaria. Inoltre, esistono tante possibili varianti nel modo d’implementare una valutazione delle idee e come al solito la loro efficacia dipende dal contesto. Possiamo in ogni caso fissare dei punti.

 

TEMPO. E’ sempre una buona scelta far passare due-tre giorni dalla prima fase per procedere all’analisi delle idee raccolte.

 

CHI DEVE PARTECIPARE. Questo è l’elemento più controverso. Possono, ad esempio, partecipare tutti quelli che hanno partecipato alla prima fase o addirittura un gruppo completamente diverso. Io propendo per la scelta di un gruppo ristretto di persone che dovranno poi effettivamente mettere in atto queste idee. Infatti, in questa seconda fase, non è più necessaria la “fantasia” ma la capacità di verificare la “fattibilità” delle idee proposte.

 

PROCESSO DI SNELLIMENTO. Un possibile metodo è quello di dare l’elenco delle idee ad ogni partecipante ed invitarli a sceglierne una certa percentuale che secondo loro risulta interessante e fattibile. Il leader raccoglie queste segnalazioni e costruisce una tabella in cui riporta le idee con maggiori preferenze. Si può quindi procedere ad una seconda selezione delle idee maggiormente preferite in modo da ottenerne un numero ancora più ristretto.

Un altro possibile metodo è quello di selezionare le idee per categorie di applicazione. Ad esempio, raggruppandole secondo le 8M. Si procede quindi ad una prima fase di sfoltimento eliminando le idee non realizzabili per costi, tempi, metodi, ecc. Sulle rimanenti si può decidere di discutere o di procedere in maniera neutrale ad un ulteriore sfoltimento.

 

INFORMAZIONE. E’ molto importante, alla fine della seconda fase, illustrare ai partecipanti della prima fase i frutti ottenuti con il brainstorming effettuato.

 

Non aspettiamoci sempre risultati eclatanti anzi, spesso ci saranno degli insuccessi. In ogni caso, avremo raccolto dati e spunti nuovi, avremo abituato al lavoro in team, al rispetto dei propri colleghi e soprattutto ad esporre ed ascoltare le idee altrui astenendoci dalle critiche.